Gli artt. 36 e seguenti della legge sulle unioni civili disciplinano le “convivenze di fatto“. Tali si intendono le stabili coabitazioni tra due persone maggiorenni di diverso o uguale sesso, unite da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale o materiale, analoghi a quelli che costituiscono la base di un matrimonio o di un’unione civile e costituenti una famiglia anagrafica ai sensi del vigente regolamento anagrafico.
La nuova legge sulle convivenze di fatto
È necessario quindi che ambo i partner si registrino all’anagrafe come appartenenti allo stesso nucleo anagrafico.
- Ai conviventi sono estesi taluni diritti spettanti ai coniugi:
- in base all’ordinamento penitenziario ed a quello ospedaliero (di visita, assistenza, ecc.);
- quanto alla priorità nelle graduatorie per l’assegnazione di case popolari;
- è attribuito il diritto di continuare ad abitare per un certo periodo di tempo nella residenza comune in caso di morte del convivente proprietario, o di subentrare nel contratto di locazione del quale fosse titolare il convivente defunto;
- è esteso al convivente il diritto al risarcimento in caso di morte per fatto illecito;
- è attribuita la facoltà di essere nominato amministratore di sostegno, anche nell’ambito di un testamento biologico, ovvero tutore o curatore;
- è previsto il diritto agli alimenti in caso di bisogno di uno dei partner, dopo la cessazione della convivenza ed in proporzione alla durata della stessa.
I conviventi possono inoltre disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune con un contratto di convivenza, redatto in forma pubblica da un notaio ovvero con sottoscrizione autenticata da notaio o avvocato, e che dovrà essere trasmesso in copia entro dieci giorni all’anagrafe per l’iscrizione (quindi il certificato di residenza ne sarà lo strumento di pubblicità).
Il contratto può contenere le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune e può contenere la scelta per il regime patrimoniale della comunione dei beni. Inoltre sarà possibile disciplinare gli effetti patrimoniali della cessazione della convivenza, in particolare prevedendo misure di sostegno per il partner economicamente più debole, aggiuntive rispetto a quelle minimali previste dalla legge.
La convivenza, essendo un rapporto di fatto, cessa con il venir meno delle condizioni, ovvero perché i conviventi contraggono matrimonio o unione civile, tra loro o con altra persona; tuttavia, se è stato sottoscritto un contratto di convivenza, e quindi il rapporto è stato “formalizzato”, è onere delle parti, o anche di una sola di esse, scioglierlo mediante accordo o recesso unilaterale avente la stessa forma prescritta per il contratto (o, in caso di matrimonio o unione civile con altra persona, notificando all’altro contraente ed al professionista che lo ha ricevuto o autenticato, l’estratto di matrimonio o di unione civile); in caso di recesso unilaterale il professionista è tenuto, oltre all’adempimento dell’onere pubblicitario, anche a notificare la dichiarazione di recesso all’altro contraente.